La mia Artebonsai-Do



Mi chiamo Salvatore Tarantino e sono cresciuto in  un  paesino  calabrese nelle montagne della Sila, Camigliatello Silano. Vivendo in montagna, già da piccolo, la passione per la natura era evidente e forte in me e unita alla sete di conoscenza, da grande mi feci rapire dal meraviglioso mondo dei bonsai. L’avere in una mano quello che la natura ci offre, con i suoi splendidi colori e con le sue spettacolari forme, mi riporta allo stato d’animo e alle stesse sensazioni che provo passeggiando nei monti della mia splendida terra. Da qui l’inizio del cammino nell’arte del bonsai.
Comincio nel collezionare piccole piante e, dopo pochi anni che inizio lo studio e la coltivazione da autodidatta, mi rendo conto di quanto, questa splendida arte, sia complessa e basata su studi ben precisi.
                                                                                                                    

I miei primi fallimenti erano dovuti principalmente al gesto base che ognuno di noi compie quotidianamente, magari senza dare troppa importanza. L’innaffiatura, infatti, è uno dei gesti che tuttora considero il più difficile da eseguire. Dalla mia piccola esperienza, capire quando dare l’acqua ai nostri bonsai, dipende principalmente da queste varianti: dall’essenza, dal substrato, dal clima e dal modo in cui s’innaffia. Dato che sia il substrato che l'essenza vanno studiati di caso in caso, io mi soffermerei proprio sull'innaffiatura che ho avuto modo di studiare ed osservare nel tempo.
Una volta capito i miei errori nella scelta del substrato e dopo aver conosciuto e studiato meglio le mie piante, mi resi conto che il modo e il mezzo con il quale le innaffiavo era sbagliatissimo. Capii solo a quel punto il perché i giapponesi innaffiano con quello strano tipo d’irrigatore con il collo lunghissimo. La mia situazione economica non mi permise di acquistarlo, quindi un bel giorno d’estate spinto dalla mia mania di fare e dalla voglia di dare il meglio ai miei bonsai, iniziai la costruzione del simpatico innaffiatoio nipponico. Dopo un po’ di giorni di lavoro e dopo tutte le difficoltà nel battere e sagomare il rame unite alla paura di rovinare il materiale comprato svanirono guardando quello che ero riuscito a creare con pochi e semplici attrezzi, ma ero solo a metà dell’opera. Infatti, il lavoro più impegnativo che ha richiesto tutti i miei sforzi è stato l’ugello, composto da forellini sottilissimi e da una forma che prolunga il soffione. Sono questi forellini uniti alla pressione dell’acqua che danno la possibilità di irrorare con estrema delicatezza, permettendo al substrato di assorbire l’acqua in maniera graduale, senza spazzarlo via come succedeva con i miei vecchi metodi. E dopo tante e tante prove mi ritrovo con un ugello accettabile e un innaffiatoio uguale nella forma ma molto più resistente di quello nipponico.


Dopo pochi mesi perdo il mio lavoro e questa “occasione” mi dà la spinta e la forza per iniziare a creare oggetti che sono di utilizzo quotidiano nella coltivazione del bonsai come gli innaffiatoi e gli attrezzi per la lavorazione della legna. Dopo tanti sacrifici e due anni di studio approfondito sulle varie tipologie di ugelli e dei vari volumi, sono riuscito a raggiungere uno dei miei obbiettivi: creare una vasta gamma, ben otto volumi diversi, di innaffiatoi e tre tipologie principali di ugelli.


 L’intero processo di lavorazione è eseguito a mano, con tecniche artigianali, senza l’utilizzo di nessun macchinario, dando a ogni pezzo realizzato un qualcosa di unico.






 Il materiale che utilizzo per la realizzazione degli innaffiatoi è rame di spessore 6/10 e stagno al 50% argento. Inizio a disegnare, con un pennarello, i vari pezzi su di un foglio di rame e li ritaglio. La forma e le dimensioni dipendono dal volume che intendo creare.





                                          

Il passo successivo è la battitura. Il cono del soffione, ad esempio, lo sagomo e lo batto con un semplice mazzuolo di gomma, dandogli man mano la forma voluta. C’è da precisare che nessun pezzo viene cotto perché è vero che diventerebbe più semplice sagomarli e dargli la forma ma è anche vero che il pezzo perderebbe la sua rigidità e quindi diventerebbe molto meno resistente.
Il foro frontale del serbatoio, dove viene inserito il soffione conico, viene forato utilizzando un semplice scalpello. Saldato il serbatoio all’interno ed all’esterno saldo il cono, opportunamente tagliato con l’inclinazione voluta ad un altro pezzo di rame per rinforzare il tutto. Fatto ciò, unisco il serbatoio al cono rinforzato. Per Il manico superiore uso un tubo di rame rigido saldandolo tra il soffione ed il serbatoio, questo serve a dare la possibilità di una presa comoda e ferma, sia nel riempimento ad immersione che nell’irrorare. I due tappi del serbatoio sono sagomati battendo le estremità in un verso, creando una sbordatura. 



A questo punto taglio la bocca del serbatoio su uno dei due tappi. L’operazione consiste nel tagliarla con uno scalpello e l’apertura ricavata viene sbordata verso l’interno per creare l’alloggio del porta retina estraibile.


















Inserisco i tappi nel serbatoio, facendoli combaciare perfettamente e li saldo. Il manico posteriore viene sagomato a misura del serbatoio e saldato. Una volta terminato, lo testo e lo lascio per almeno 24 ore pieno d’acqua anche per far andar via i residui acidi della lavorazione.



Adesso è il momento di firmare il mio lavoro: segno il punto esatto sul tappo superiore e faccio colare una goccia di stagno fuso, che marchierò con il mio hanko .

















Per gli ugelli , ritaglio cerchi di tre tipi di diametro e eseguo i fori secondo dei disegni da me realizzati, studiati e testati. Il disegno della rosa dipende dal diametro, in generale: 26 mm per i mame, 30 per schoin e 40 per i master. Ritaglio i piccoli coni a seconda delle grandezze e li batto. Una volta che ho tutti i pezzi pronti li saldo insieme all’innesto che è costruito in maniera tale da adattarsi a qualsiasi tipo di innaffiatoio, nello specifico a quelli di origine nipponica.



 
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